medicina antica grecia
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La medicina delle antiche civiltà

Storia della medicina

di Maria Antonietta Coccanari de’ Fornari

 

(Parte II)

La Medicina greco-romana recepisce molte delle acquisizioni empirico-magico-religiose delle altre civiltà antiche, e sorge nel Neolitico nell’isola di Creta, la più pacifica e raffinata tra le regioni dell’antica Grecia. Qui si affermano importanti principi d’igiene, con efficienti sistemi di depurazione delle acque, impianti per l’acqua corrente e camere da bagno. Ma dal III Millennio fu Micene, in terraferma, il centro della fiorente civiltà ellenica, prima che la guerra di Troia la sommergesse con l’ondata Dorica, contemporaneamente alla nascita di un’altra civiltà, in Italia, dove la contaminazione tra l’elemento greco e quello autoctono produce delle caratteristiche peculiari e via via afferma, nelle due terre, i valori della Filosofia antica che butta i suoi riverberi sulla Medicina: è la Filosofia cosiddetta presocratica delle regioni mediterranee, dominata dal pensiero di Pitagora e dal pensiero dei Filosofi della Natura. Questi ultimi, il cui problema è trovare l’arkè, il principio delle cose, rappresentano la Scuola di Mileto (VII-VI sec a.C.), con Talete che lo colloca nell’acqua, Anassimandro nell’apeiron (l’infinito) ed Anassimene nel fuoco. Allo stesso modo ci s’interroga sulla questione che la materia possa essere immobile (Parmenide) o in movimento (Eraclito). In particolare per Pitagora, che pone nei numeri e nell’Armonia l’enunciato fondamentale della sua teoria, l’armonia è salute, la disarmonia è malattia. Ed è perciò soprattutto la cura con la Musica a ricondurre all’equilibrio il disordine del corpo malato, con la bellezza e la perfezione delle sue leggi matematiche. Egli diventa pertanto tra gli antesignani della Musicoterapia, oggi descritta con evidenze scientifiche, le cui tracce si rinvengono tuttavia già nella mitologia e nella religione: si pensi al racconto biblico di David che cura le sofferenze di Saul. Successivamente, sempre tra i presocratici, Anassagora descriverà la materia costituita da particelle (omeomerie) che anticipano il concetto di atomo in Democrito, concetto che sarà alla base della Medicina romana.

Intanto nella Magna Grecia, ad Agrigento, Empedocle riassume tutte le idee precedenti, e pone la radice di tutte le cose nei quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco) che andrebbero a comporre anche il corpo umano, tenuti insieme da un potere di coesione, l’enanziosi, concetti che saranno ripresi nella cattedrale del sapere di Ippocrate, primo vero medico in senso moderno. Ma già molto interessato al microcosmo rispetto a detti filosofi che speculavano più sulle leggi universali, è Alcmeone da Crotone, considerato il primo biologo e anatomista della Storia, sebbene tentativi fossero stati fatti anche presso gli Assiro-Babilonesi, gli Egizi e gli Etruschi. E per primo, strappando la disciplina dal dominio magico-religioso per condurla alla spiegazione razionale, codifica, tra le varie sue scoperte, una nozione di grande interesse e cioè che il cervello è il centro dell’organismo, chiamato perciò ‘l’egemonico’. Da esso partirebbero tanti pòroi che riportano le informazioni al cervello: quelli che oggi noi chiamiamo nervi.

Via via l’empirismo s’incammina verso il concetto di scienza. E Ippocrate, nato a Coo (o Cos, o Kos) nel 460 a.C., è l’ultimo tra i filosofi della natura e il primo dei medici davvero moderni, la cui impostazione resta alla base del nostro sapere e della nostra prassi.

Ippocrate, pur medico sacerdote, osserva con razionalità il malato nella sua interezza, diventando il padre della Semeiotica e della Clinica. S’interroga in modo scientifico sulle cause naturali della malattia, compreso il contagio attraverso l’aria che respiriamo, e su quanto l’ambiente e la qualità di vita possano contribuire all’espressione del benessere o al suo contrario. Nell’ipotizzare che il corpo è composto da 4 umori (flegma, sangue, bile gialla e bile nera) correlati ai 4 principi universali (rispettivamente acqua, aria, fuoco e terra) regolati da una sostanza vitalizzante, lo pneuma, descrive nel Corpus Ippocraticus (72 scritti compresi in 53 libri) il loro equilibrio, la crasi, e la loro disarmonia, la discrasia. In particolare un’alterazione quantitativa, vale a dire un lieve eccesso di un umore, darà luogo ai temperamenti (rispettivamente flemmatico, sanguigno, collerico e malinconico) e un’alterazione qualitativa (putrefazione, materia peccans) produrrà malattia. L’organismo reagirebbe con un potere di difesa che è la vis medicalis naturae, concetto sovrapponibile a quello moderno di immunologia.

È anche il periodo in cui compare sulla scena della Storia della Scienza il pensiero di Aristotele. Come si ricorderà, allievo di Platone a sua volta allievo di Socrate, la sua dottrina si prolunga nelle meditazioni naturalistiche inerenti il corpo umano e stabilisce che le vene non nascerebbero dal capo, come aveva interpretato la Scuola di Coo, bensì dal cuore. A lui si deve il nome di aorta al vaso più grande del sistema.

Sul finire del IV secolo a.C., ad Alessandria di Egitto, famosa per la imponente Biblioteca dove confluirono le opere più preziose e famose del tempo, vengono sviluppate le osservazioni sul corpo umano sotto la dinastia dei Tolomei. I più grandi nomi di questa Scuola furono Erofilo di Calcedonia – che Celso ipotizzerà persino come autore di vivisezioni umane per la profonda conoscenza dimostrata nelle descrizioni del sistema nervoso – e Erasistrato di Chio, che illustrando il processo infiammatorio e la cirrosi epatica è considerato il primo anatomopatologo della Storia.

Nelle nostre terre italiche, intanto, si andavano affermando sin dai secoli precedenti le opere degli Etruschi in tema di Odontoiatria e d’Idrologia. E nella Roma imperiale fiorivano varie Scuole nelle quali rifulge la figura di Areteo di Cappadocia (Scuola eclettica) che descrisse perfettamente l’alternanza di periodi di depressione e periodi di mania nello stesso individuo, che all’inizio del ‘900 Kraepelin avrebbe chiamato Psicosi maniaco-depressiva, oggi classificato come Disturbo bipolare.

Ma il più grande medico dell’antichità romana è senz’altro Galeno, esponente dell’Enciclopedismo, nato a Pergamo e giunto a Roma nel 169 d.C., in pieno periodo aureo. Recepita la grande lezione ellenica, Galeno rappresenta l’acme del pensiero biologico antico. Celebri i suoi studi di Anatomia sulle scimmie con alcuni errori inevitabili, ma celebri anche le sue grandi innovazioni, specie nei presidi terapeutici che presero infatti il nome di galenici, tuttora preparati nelle moderne farmacie.

Medico è colui che introduce sostanze che non conosce

in un organismo che conosce ancora meno.


Victor Hugo

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