I dolci della Roma antica
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I dolci della Roma antica

di Anna Maria Panattoni

La cultura moderna e contemporanea dei dolci offre varietà infinite di prodotti, in funzione non solo delle usanze e delle tradizioni nonché delle esigenze di mercato, ma anche per la varietà strepitosa degli ingredienti a disposizione, per i trattamenti cui sono sottoposte le materie prime, le diverse possibilità di conservare i cibi, le tecniche di cottura e le sperimentazioni più varie e bizzarre che soddisfano target differenti, talora anche soltanto nicchie di popolazione.

In antico la produzione era molto più contenuta; si evitavano gli sprechi e si soddisfacevano esigenze molto ridotte. I gusti erano mediamente più semplici e gli eccessi e le ricercatezze erano riservati ai banchetti più importanti e alle classi abbienti, soprattutto in età imperiale.

Era tuttavia nota ed esercitata la professione di pistor, il fornaio, avo del fornaio moderno, e pistor dulciarius, precursore dell’odierno pasticciere.

Il De re coquinaria, notissimo ricettario e manuale romano diffuso a firma di Marco Gavio Apicio, menziona anche dolci e fornisce indicazioni in merito alla loro preparazione.

Grande diffusione ebbe il libum, una focaccia al formaggio molto presente nella ritualità romana, spesso resa dolce con l’aggiunta di miele.

Documentati sono i crustula, i biscotti di frumento, diffusi così come le focaccine dolci o dolcificate con miele, progenitrici delle brioches e consumate dai bambini a colazione.

Noti, anche la placenta (focaccia), il globus (antenato delle bombe fritte), il globulus (un pasticcino alle mele), l’humus (una sorta di ciambella), i pastilli (tortini) e le bucellae – anche di segala – (anticipatarie della pasticceria mignon), il savillum (una torta da forno a base di farina, formaggio, uova e miele, cosparsa di miele e semi di papavero), l’encytum (dolce a forma di spirale realizzato con formaggio fresco e farina, cotto nello strutto e cosparso di miele), il luncunculus (precursore del bignè), e i mustacei (dolci di farina, mosto e formaggio) – di cui resta un’eco nei mostaccioli calabresi.

Menzionati sono anche i dulcia domestica e i dulcia simulae (dolcetti fatti in casa e paste di semolino).

Non era inoltre inusuale, soprattutto sulle mense povere, cuocere nel latte i sedani ridotti a pezzi, sgocciolarli, passarli al forno e, ancora ben caldi, cospargerli di miele e pepe.

Era usanza anche bagnare di latte il pane raffermo e cospargerlo di miele, dopo averlo fritto nell’olio oppure friggere il pane raffermo intriso in una pastella dolce preparata con farina, latte, uova.

Una vera e propria delizia della Roma antica, infine, era rappresentata dai dactyli farsiles (datteri farciti con noci, pinoli o pepe tritato, talora fritti nel miele), così come era disponibile e apprezzata, in tutte le sue varietà, la frutta secca.

 

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