Una lombosciatalgia sui generis
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Una lombosciatalgia sui generis

di Emilio Merletti

Lisetta, a dispetto del nome, era un donnone enorme.

Un metro e settantacinque per centoventi chili.

E una forza erculea.

Riusciva a sollevare pesi impossibili ed a mettere sottosopra una casa intera in pochi minuti nell’esercizio delle sue funzioni di donna delle pulizie di lungo corso.

Era ormai arrivata alla fatidica soglia dei sessanta suonati, ma di mettersi a riposo proprio non aveva intenzione. Del resto, con suo marito disoccupato e due figli maschi sottoccupati e coniugati con prole, doveva essere lei il volano trainante dell’economia di famiglia.

«Dottore, finché ce la faccio non mi fermo, … anche perché non posso fermarmi!» mi diceva, quando le consigliavo di concedersi un po’ di riposo, o almeno di prendersela un tantino più comoda, considerando anche i valori di pressione arteriosa non ottimali che registravo ogni volta che passava in studio.

Di perdere peso non c’era verso. Avevo provato in tutti i modi a fare counseling sul tema della sua sindrome metabolica (ipertensione, diabete borderline, ipercolesterolemia) ma, al di là di un’aderenza discontinua alla terapia farmacologica, di cambiare stile di vita e abitudini alimentari non se ne parlava proprio.

Sennonché un giorno Lisetta dovette proprio fermarsi.

Una lombo sciatalgia sinistra molto dolorosa, insorta quasi all’improvviso, non le permetteva quasi di muoversi, figuriamoci se poteva adempiere ai suoi mestieri, così fisicamente impegnativi!

Venne in studio disperata, una mano sul fianco e l’altra a tenere saldamente un ombrello usato a mo’ di bastone.

«Dottò mi aiuti per favore. È un dolore che non ho mai provato. Non mi lascia né di giorno né di notte. Non posso fare più niente!» E piangeva accorata, un po’ per la sofferenza fisica, un po’ per lo sconforto di quel fermo forzato del suo indispensabile lavoro.

Le chiesi se collegava l’insorgenza del dolore con uno sforzo eccezionale anche per lei, ma non sembrava ricordare nulla di straordinario.

Con grande fatica riuscii a farla sdraiare sul lettino, ma qualsiasi manovra semeiologica era ostacolata dalla presenza di un pannicolo adiposo di tutto rispetto. Riuscii a verificare che non c’era perdita di forza a carico dell’arto interessato, ma non altro. Il Lasegue non era eseguibile per ovvi motivi oggettivi.

Le prescrissi del paracetamolo ed un FANS, ma dopo pochi giorni Lisetta mi chiamò al telefono: non era cambiato nulla, anzi, il dolore lombare sembrava addirittura aumentato.

Aggiunsi al paracetamolo del tramadolo in associazione precostituita, arrivando gradualmente fino a sei compresse al giorno (225/2250 mg.), e sostituii il FANS con un cortisonico iniettabile, ma il dolore non accennava neanche ad attenuarsi. Una radiografia della colonna lombosacrale rivelò quello che ci si poteva aspettare: una marcata spondilo artrosi con riduzione degli spazi intervertebrali, ma un tono calcico normale e nessun segno di crolli. Del resto Lisetta aveva dolore sia in orto che in clinostatismo.

Continuava a piangere Lisetta, disperata per il dolore e per il dissesto economico, anche se, in fondo, erano passati più o meno una decina di giorni dall’esordio della sintomatologia.

Però non mi piaceva.

Non so perché, ma c’era qualcosa nell’intensità del dolore, nella sua totale resistenza ai farmaci, nel suo non modificarsi affatto con i movimenti, che non quadrava. Così come mi preoccupava quell’insolito colorito di Lisetta, che in alcuni momenti diventava terreo.

A volte si hanno sensazioni che, pur nella loro irrazionalità, hanno un loro ruolo nell’iter diagnostico.

Richiesi una Risonanza magnetica della colonna lombosacrale andando, certo, a cercare un’ernia discale, ma con la preoccupazione di farla eseguire il più presto possibile, tanto che Lisetta dovette pagarsela.

Non c’erano ernie discali ma c’era, nell’ultima parte del referto, la spiegazione di tutto.

Lisetta si salvò.

«…Come reperto collaterale, si segnala dilatazione dell’aorta sottorenale che si estende ad interessare il carrefour aortico, con diametro massimo stimato dalla metodica, di circa 52 mm., reperto da valutare ad un esame Angio-Tc urgente. Si comunica alla paziente l’urgenza del reperto e si invia al PS di riferimento».

(si ringrazia il dott. Marcello Osimani per la collaborazione)

 

Veramente più volte appaion cose

Che danno a dubitar falsa matera

Per le vere cagion che son nascose

(Purg. XXII 28-30)

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