Cattedrale S. Lorenzo di Tivoli
 | 

Il Duomo di Tivoli

Cartoline dal passato

di Tertulliano Bonamoneta 

Il Duomo di Tivoli 

 

E a forza di uscir presto tutte le mattine
e di rientrare tardi tutte le sere e di impegnarci
laboriosamente tutta la giornata,
credo che facemmo conoscenza di tutti i
particolari della città e della campagna circostante;
e in particolare, visitammo tante di
quelle chiese che io rinunciai a quella parte
dell’impresa prima che fosse compiuta a metà,
temendo di non andare poi mai più, di mia
spontanea volontà, in chiesa in vita mia
C. Dickens
(Daily News)

La cartolina, che risale ai primi del ‘900, ci mostra il lato meridionale della Piazza dell’Olmo, che in seguito sarà detta Piazza Domenico Tani, chiusa a meridione dalla chiesa cattedrale di S. Lorenzo, che si vorrebbe far risalire, come fondazione, al VI secolo.
È errata la sua didascalia che reca l’indicazione Tivoli – il Duomo con la piazza omonima infatti la piazza omonima, cioè la Piazza del Duomo, si trova dalla parte opposta, davanti all’ingresso della chiesa .

Sul fondo si vedono la parete nord della cattedrale, con il dignitoso ingresso laterale, e due finestre lucifere, create per illuminare la navata centrale.
La chiesa, nelle forme e dimensioni, in cui la vediamo, risale al rifacimento totale dell’edificio
sacro voluto dal cardinale Giulio Roma, nel 1635, che ridusse l’ampiezza della precedente basilica medievale, mantenendo però intatto il bel campanile romanico, che all’origine non aveva la cuspide.
Sulla piazza giocano in frotta i bambini, mentre gli adulti sono affaccendati nelle immediate vicinanze del palazzo vescovile sulla destra.
Anche in questa fotografia si mostra il bel selciato antico di Tivoli, che dovrebbe essere ricostituito per rispetto ad una secolare tradizione.

Il Duomo di Tivoli

La didascalia che accompagna la cartolina (Tivoli – Il Duomo con la Piazza omonima) è corretta perché, in effetti, ci troviamo nella Piazza del Duomo, sulla quale aggetta la facciata della chiesa, preceduta dal suo atrio, il quale reca sulla fronte un’iscrizione con la data della sua costruzione: 1650.
La ricostruzione della basilica di S. Lorenzo, patrono della nostra città, si era protratta dal 1635 al 1641.
Sul fondo, in basso, si vede il così detto Arco di Santa Sinforosa, che è un’antica galleria coperta da un arco a tutto sesto, la quale congiunge Piazza del Duomo con la Via del Colle.
Alla sua sinistra compare il Palazzo Vescovile, inferiormente occupato da laboratori, ed, in tempi più recenti, da un frantoio per le olive.
Il campanile appare in tutta la sua maestosità, con la divisione degli ultimi piani sottolineata da riseghe di mattoni e file di dentelli marmorei.
Negli ultimi due piani si aprono le finestre bifore, che conferiscono eleganza e leggerezza all’insieme.
Nell’ultimo piano erano, e sono ancora, alloggiate le campane, delle quali quella detta la forestiera suonava solo in morte di forestieri.
Quando i tiburtini la sentivano, capivano che era morto uno che non era nato a Tivoli.
La più piccola era detta la Campana del Salvatore perché fabbricata a spese della potente Confraternita del Salvatore nell’anno 1607.
Nello spazio libero del cielo notiamo l’incrociarsi dei molti fili della corrente elettrica, che dal 1886 concorrono ad illuminare piazze e vie della città con potenti fari.

Articoli simili

  •  |  | 

    Il simbolo

    Uno dei simboli più potenti della battaglia contro il coronavirus è l’immagine dell’infermiera dell’Ospedale di Cremona che, nel corso di un turno di lavoro molto faticoso, si abbandona esausta a dormire con la testa poggiata sulla scrivania. È il 9 marzo 2020 e in Lombardia si sta combattendo la battaglia decisiva contro l’epidemia. Cremona è uno dei fronti caldi della guerra. L’infermiera due giorni dopo risulterà positiva al coronavirus e dopo venti giorni potrà considerarsi guarita. Le siamo grati. A lei e a tutto il personale che negli Ospedali si è battuto e si sta battendo per conto di tutti noi che siamo ancora nelle retrovie o a casa.

  •  |  | 

    Saracinesco

    Paese incastonato tra i monti Ruffi tra pietre e dirupi. L’origine del nome del paese è ricondotta alla presenza dei saraceni, sec. IX-X, che, dopo aver devastato i monasteri di Subiaco, si sarebbero rifugiati su questi monti dopo la sconfitta del Garigliano del 949. La perfetta posizione strategica permetteva loro di depredare gli abitanti della fertile pianura del Giovenzano. Il toponimo è attestato nella carta lapidaria del 1052-1053, dell’abate sublacense Umberto, Rocca Sarraciniscum. Secondo questa nuova spiegazione, Saracinesco significa ‘cima montuosa di notevole altezza, inserita in un complesso di cime susseguentisi’

  •  |  | 

    I monasteri benedettini

    Fuori della cittadina di Subiaco, all’interno dei monti Simbruini, lungo il versante destro della Valle dell’Aniene, si trovano i Monasteri benedettini.

    Il maggiore è il Protocenobio di Santa Scolastica, il più antico di tutti i monasteri benedettini del mondo, ed unico ad essere sopravvissuto nei secoli dei tredici fondati da Benedetto a Subiaco. Con i suoi chiostri, la sua chiesa e la sua importante biblioteca, resta a testimoniare le origini del cenobitismo occidentale.

  •  |  | 

    Il palazzo baronale degli Orsini

    La costruzione del Palazzo Baronale dovrebbe risalire alla dominazione degli Orsini sulla Valle del Licenza, a partire dalla seconda metà del XII secolo.
    Si articola intorno ad una corte chiusa di forma quadrangolare, con una serie di ambienti abitativi appartenenti a periodi diversi, tra il XV e il XVII secolo.

  •  |  | 

    La città rappresentata

    Quando l’arte rappresenta e illustra una storia, può farlo, dando di un evento, una infinita serie di sfumature, suscitando una gamma di sentimenti che vanno dallo stupore all’ammirazione, da un senso di soggezione ad un moto di orgoglio, o di prostrazione, può essere estremamente commuovente, come può invece assumere un razionale
    significato didattico, ma, tutte queste reazioni, di vario tipo, raggiungono sempre lo scopo di accomunare il sentimento di quanti percepiscono l’immagine.