Il vegano scienziato
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Il vegano scienziato

Dottor aneddoto

di Emilio Merletti

 

Il professor Gualtiero non era mio paziente.

Però da un po’ di tempo lo incontravo quasi ogni giorno lungo il tragitto tra casa e studio. Doveva essersi trasferito di recente da quelle parti.

Era sempre intento a controllare lo stato della sua utilitaria. Piumino in mano, rimuoveva accuratamente ogni granellino di polvere potesse essersi nascosto nelle pieghe della piccola carrozzeria.

E intanto osservava il passeggio.

Quando mi vedeva mi salutava sempre con un sorrisetto ironico. «Salve dottore!», e pronunciava quel ‘dottore’ con l’aria di chi la sa lunga, convinto di essere invece lui il vero dotto.

Insegnava una qualche materia negli Istituti Superiori. Estimo. O Diritto mi pare, non ricordo bene, comunque niente che avesse a che fare neanche lontanamente con le scienze antropologiche o biologiche.

Non tardò molto a scoprire le sue carte: un giorno, con un abile movimento d’anticipo, fece in modo di trovarsi faccia a faccia con me, mentre passavo nei pressi.

«Salve dottore! Permette una domanda? Lei consiglia ai suoi pazienti di mangiare la carne e i suoi derivati?» «Io consiglio ai miei pazienti una dieta equilibrata, col giusto apporto di proteine, carboidrati, grassi e vitamine. Perché?» «Nulla. Se le fa piacere le porterò delle pubblicazioni scientifiche che potranno migliorare le sue conoscenze». «Caspita! Gliene sarò davvero grato!» risposi tra il serio e il faceto.

Il giorno dopo, puntualissimo, ecco il professor Gualtiero intercettarmi con in mano un opuscoletto variopinto. «Salve dottore! Quando ha un po’ di tempo legga questo documento. Lo troverà senz’altro molto interessante!»

Era un libretto pubblicato da una delle tante associazioni animaliste / vegan-vegetariane. In copertina, ripetuto in vari colori, grandezze e caratteri tipografici, lo slogan ‘CARNE = CANCRO’, improperi contro la caccia, definita ‘un abominio’, e all’interno la dotta relazione di uno scienziato, sedicente esperto biologo-nutrizionista, che dichiarava come, senza ombra di dubbio, la carne in particolare, e in generale i suoi derivati, fossero cibi assolutamente da evitare perché cancerogeni.

Dopo pochi giorni ecco di nuovo il professore in attesa del mio passaggio, con un altro opuscolo in mano. Questa volta il conferenziere di turno, illustre antropologo reduce dai maggiori Congressi Scientifici Mondiali, dichiarava che l’Uomo, dai dati antropometrici, e in particolare dalla formula dentaria, risulta essere un animale fruttivoro, ergo…il consumo di carne e derivati da parte dell’Uomo è contro natura!

Premetto che sono paladino ed estimatore convinto della dieta mediterranea, aggiungo che scoraggerei chiunque dal diventare cliente assiduo ed abituale di una ‘Steak house’, affermo inoltre di essere rispettoso delle altrui opinioni, comprese quelle che non condivido ma, sinceramente, non mi piace chi vuole a tutti costi trovare avalli scientifici per rafforzare agli occhi degli altri le proprie convinzioni etiche o religiose.

E così mentre leggevo il giornaletto del Professore mi veniva da considerare che l’Uomo, nella notte della sua preistoria, per soddisfare i suoi bisogni primari, decise sì di raccogliere frutti selvatici, ma anche di cacciare e pescare. La pesca, e ancor di più la caccia – abominio dei vegani! – sono state in assoluto le prime attività in cui l’Uomo ha dovuto organizzarsi socialmente con altri suoi simili per conseguire il raggiungimento di un obiettivo comune. Obiettivo non di poco conto, giacché volto alla sopravvivenza della specie. E proprio grazie al suo essere carnivoro è giunto definitivamente al vertice della catena alimentare. Tutto ciò non può essere definito con leggerezza ‘contro natura’!

Però, per formazione culturale, un medico tende sempre ad essere aperto alla discussione, alla disamina di un problema osservandolo da varie angolazioni.

Così dopo qualche tempo mi capitò tra le mani l’articolo di una ricercatrice dell’Università di Stoccolma, che aveva rilevato una significativa riduzione del Q.I. in figli adolescenti di genitori vegani rispetto ad un gruppo omogeneo di controllo. Probabilmente il fenomeno poteva essere ascrivibile ad un deficit nutrizionale.

Decisi così di proporre al professore un sano dibattito sull’argomento. Al successivo passaggio fui io a consegnargli lo scritto. «Salve Professore! Le ho portato questo studio svedese, così avrà modo di osservare l’altro lato della medaglia. Quando vuole ne possiamo discutere».

Notai un moto di sorpresa e di contrarietà nello sguardo che mi rivolse.

Che fu anche l’ultimo.

Non mi salutò più.

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