Socrate e il Digital Twin
Quando il “Conosci te stesso” incontra la medicina computazionale
L’arrivo di chi fa domande
La sala del laboratorio di simulazione era immersa in un chiarore azzurro.
Al centro, un digital twin umano fluttuava in forma olografica: un corpo traslucido, attraversato da linee di dati che pulsavano con il ritmo di un cuore virtuale.
Il dottor Leone stava regolando i parametri quando percepì un suono di passi sul pavimento.
Passi che non appartenevano a nessuno dei tecnici.
Una figura avvolta in un himation semplice, il volto aperto in un sorriso enigmatico, si fermò di fronte all’ologramma.
Ho sentito dire che qui create uomini che non esistono… e tuttavia vi parlano di quelli che esistono.
Leone sgranò gli occhi.
Socrate?
Se è questo il nome che ricordate, allora sì.
Mostrami che cos’è questa creatura fatta di luce che pretende di conoscervi meglio di voi stessi.

Il digital twin spiegato al filosofo
Leone prese un respiro.
È un digital twin: una replica digitale del corpo di un paziente.
Simula organi, funzioni, reazioni fisiologiche.
Possiamo predire come risponderà a una terapia, senza rischi per lui.
Socrate camminò intorno all’ologramma con aria incuriosita.
Dunque questa figura sa ciò che accadrà al suo originale?
Può prevedere probabilità, sì.
Interessante.
Socrate si fermò. E dimmi: se questa immagine conosce ciò che io ignoro del mio corpo… essa è più saggia di me?
Leone sorrise.
È solo un modello, uno strumento.
Eppure pretende di dire il vero su di voi, replicò Socrate.
Allora la domanda è: sa ciò che è vero… o solo ciò che è calcolabile?
La questione etica: identità o simulazione?
Leone avviò una simulazione cardiaca: il cuore olografico iniziò a battere.
Vedi? Possiamo studiare l’aritmia del paziente… senza toccarlo.
Socrate osservò il ritmo luminoso.
E se il gemello digitale sbaglia? Chi soffrirà? Lui… o l’uomo vero?
Il modello non sbaglia: calcola con precisione.
Ah! Socrate si mise le mani dietro la schiena. Dunque credi che ciò che è calcolato sia sempre vero?
Leone esitò. È un’approssimazione estremamente accurata.
Eppure non è l’uomo. Non sente il dolore, non respira l’aria, non invecchia.
Come può un simulacro comprendere ciò che non ha mai vissuto?
Il medico rimase in silenzio.
Il paradosso socratico
Socrate parlò con voce pacata.
Un uomo che ignora di ignorare si crede sapiente.
Un digital twin che crede di sapere solo perché calcola… è simile, non trovi?
Leone sollevò lo sguardo.
Il digital twin non “crede”. È uno strumento oggettivo.
Oggettivo? Socrate sorrise. Nulla è oggettivo se costruito da mani umane.
Il modello porta con sé le intenzioni di chi l’ha costruito, i limiti dei dati, gli errori mai confessati.
Il medico sospirò. Quindi pensi che non dovremmo utilizzarlo?
Non ho detto questo.
Socrate osservò il gemello digitale proiettato nell’aria.
Dico che dovete sapere quando è uno specchio… e quando è solo un’ombra.
La morale: conosci il tuo modello… ma anche te stesso
Leone abbassò la luminosità dell’ologramma.
Socrate… secondo te questa tecnologia ci allontana o ci avvicina alla comprensione dell’essere umano?
Dipende, rispose il filosofo.
Se la usate per evitare di interrogarvi, vi allontana.
Se la usate per conoscervi meglio, allora vi accompagna nella ricerca.
Socrate toccò leggermente il cuore olografico.
Il digital twin vi mostra come potrebbe reagire un corpo,
ma non vi dirà mai chi siete.
Questo potete scoprirlo solo interrogandovi… e interrogando chi avete davanti.
Poi aggiunse, con un sorriso lieve:
Neppure una simulazione può sostituire il coraggio della domanda.
Un lampo di luce, un soffio d’aria.
E Socrate non c’era più.
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⚠️ Disclaimer: questo contenuto è stato sviluppato con il supporto di NotebookLM.

La vita senza ricerca non è degna di essere vissuta
Plato, Apology, 38a (attribuita a Socrate)
