udir con gli occhi è finezza d’amore
 |  | 

… udir con gli occhi è finezza d’amore.

Editoriale rivista n.21

di Stefano Strano

 

Il Natale per sua vera natura non è chiassoso perché narra di storie d’amore e l’amore vive di silenzi, di immagini e di ricordi che ardono nei giorni futuri.

E questo Natale per me è evocativo di immagini riportate in silenzio alla mente.

La prima è “Ritratto di Signora” di Gustav Klimt, una storia intrigante c’è dietro a questo quadro.

La storia di una misteriosa scomparsa dell’opera poco dopo la sua esposizione e storie intorno all’identità della modella che si intrecciano alla fantasia.

Fu lo stesso Klimt a far sparire la prima versione del quadro (si intitolava “ritratto di ragazza”) per ridipingerlo, cambiato negli abiti e nell’acconciatura della donna, sopra al precedente ritratto.

Anche questo secondo quadro sparì per circa vent’anni, trafugato dalla galleria Ricci Oddi di Piacenza, e la vicenda artistica venne alla luce dopo l’attenta analisi che seguì al suo ritrovamento.

Ma chi fu la modella di Klimt? Probabilmente Emilie Flög, affermata stilista di moda viennese, musa ispiratrice ed amante di Klimt ma al personaggio reale ed alla seduzione della carne si affianca la seduzione della pittura e la rielaborazione dell’immagine di una donna affascinante per una espressività che raggiunge sentimenti puri e per la delicatezza e ingenuità di uno sguardo che ammalia come una Monna Lisa.

In quello sguardo c’è il desiderio di dare un amore vero e puro che ancora nessuno ha saputo capire e condividere. Nel bel romanzo di Gabriele Dadati è il ritratto di Anna, della “modella per un giorno” che poserà solo una volta nella sua breve vita per questo quadro.

La creazione artistica, l’immagine, il ritratto di Klimt sono il riscatto alla negazione di un amore che si legge negli occhi di Anna, di un amore semplice ed incondizionato che si esprime con un “Si” e che i fatti della vita testimoniano mentre le parole chiassose mentono spudoratamente.

 “Ti piace?” dice l’artista ad Anna “E’ davvero bellissimo. Io sono….” Non sapeva completare la frase. Ma non era importante. Il pittore e la sua modella rimasero volentieri fianco a fianco in silenzio a guardare la tela ancora un po’.”.

Così in silenzio e per sempre “il Ritratto di Signora” parlerà al cuore e alla mente di chi vorrà guardarlo. È come se dicesse “non dirmi addio…ti perdi nei miei occhi ma pensi alla seduzione, non avere paura, amare è più difficile, è come un volo.”.

Rappresentare l’amore come un volo è uno dei temi ricorrenti dell’arte di Marc Chagall.

Marc Chagall - La passeggiata

L’artista, ne “La passeggiata”, è raffigurato nelle campagne della Bielorussia mentre con espressione felice tiene per mano l’amatissima moglie Bella Rosenfeld che vola come un aquilone. Nella sua autobiografia Chagall descrive l’incontro con Bella: “Il suo silenzio è il mio, i suoi occhi i miei. È come se lei sapesse tutto della mia infanzia, del mio presente, del mio futuro, come se mi potesse vedere attraverso”. Ancora una volta il silenzio.

Il messaggio è che amare è difficile e per capire di volersi bene, di partecipare alla vita dell’altro, dobbiamo stare in silenzio.

A tal proposito, una donna molto importante nella mia vita, mi citò a memoria i versi più belli del sonetto 23 di Shakespeare: Quel che amore tracciò in silenzio, accoglilo, chè udir con gli occhi è finezza d’amore.

Non le diedi ascolto e dunque non capii il suo amore per me. Da allora sono rimasto in silenzio.

 

Edward Hopper - Sole in una stanza
Edward Hopper – Sole in una stanza

La terza immagine del mio “silenzioso Natale” è di Edward Hopper, “Sole in una Stanza Vuota” l’ultimo quadro del 1963 poco prima della morte dell’artista è la logica conseguenza alla riflessione sull’amore che ho fatto sul quadro di Klimt.

L’amore è come la luce del sole che illumina stanze vuote.

L’amore è spalancare le porte di noi stessi vincendone la paura. Quella paura, spesso celata dietro la manifestazione di un sentimento, di perdere sé stessi e la possibilità di soddisfare in modo egoistico i propri bisogni. 

Ma la luce del sole riporta anche la verità dal buio dell’illusione. Svela menzogne e l’amore fuggirà da noi se non ci guardiamo dentro per accoglierlo.

Al contrario se accogliamo la verità quella stanza vuota, il tuo niente diventerà il più bel dono d’amore. Trovare sé stessi significa guardare da un’altra prospettiva e capire nel profondo il valore inestimabile dell’altro.

Va fatto ogni giorno della nostra vita con il rispetto. Quando lo scrittore e critico d’arte irlandese Brian O’Doherty chiese ad Hopper cosa c’è dietro quel dipinto, lui rispose: “Sto cercando me stesso”.

Caravaggio - La Madonna dei Palafrenieri
Caravaggio – La Madonna dei Palafrenieri

La quarta immagine che vi propongo, decisamente più natalizia, è del Caravaggio “La Madonna dei Palafrenieri” anche detta Madonna della Serpe, è un dipinto del 1606 conservato nella Galleria Borghese di Roma. Il quadro mostra Maria ed il Bambino mentre schiacciano il serpente del peccato originale, alla presenza di Sant’Anna.

Non è di certo la classica icona della Madonna con Bambino ma proprio per questo il Caravaggio è uno dei miei pittori rinascimentali preferiti.

Un rivoluzionario sul piano artistico per il realismo con cui rappresentava lo stato fisico ed emotivo dei soggetti, rivelatore di una straordinaria sensibilità di osservazione per la fedeltà al modello dal vivo e l’uso scenografico della luce.

Il Caravaggio è dunque sempre in contrapposizione con ciò che un comportamento “politically correct” imponeva di rappresentare anche in ossequio ai desiderata della committenza. Infatti “La Madonna dei Palafrenieri” fu una delle opere del Caravaggio che subirono un rifiuto.

La tela raffigura l’Immacolata Concezione secondo il passo della Genesi (III.15): “Io porrò inimicizia fra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”.

La Confraternita dei Palafrenieri certamente non gradì vedere la loro patrona Sant’Anna di aspetto vecchieggiante ed in atteggiamento meditativo e distaccato, quasi avulso dalla scena di redenzione.

Non meno importante il sospetto di eresia per una possibile apertura alla concezione Luterana secondo cui non fu la Madonna a schiacciare la serpe ma il figlio Gesù e infatti nel dipinto del Caravaggio il piede del bambino preme su quello della madre per aiutarla a schiacciare la serpe.

Ma lui, “il pittore maledetto” (vedi il film di Alessandrini del 1941 interpretato da Amedeo Nazzari) riesce sempre a esprimere sé stesso e il suo carattere sanguigno.

Ciò che colpisce l’occhio a prima impressione fu invece meno importante rispetto alle argomentazioni teologiche e politiche, la Madonna è raffigurata come una popolana che si china mostrando il petto e il suo volto è quello di Lena una modella nota a Roma e amica del Caravaggio.

Come la vedo io? La bellezza della donna caravaggesca è celebrativa del valore dell’essere donna. Donne vere e scalze che non hanno paura di ferirsi o sporcarsi e con il loro amore riescono ad essere la forza vincente rimanendo spesso in secondo piano.

Dopo aver curiosato nell’arte pittorica per parlare di immagini silenziose, vorrei continuare a parlare di storie d’amore evocate dalle immagini in movimento e dalla musica che le accompagna amplificandone il potenziale emozionale.

Per farlo mi ispirerò ad una donna, una regista, ritrovata mesi fa dopo più di dieci anni dall’ultimo incontro. Non era cambiata. Parla veloce ed è diretta, intuitiva e fa domande incalzanti ma molto appropriate.

Ma il suo valore, quel binomio di cuore e testa, l’ho capito dopo aver visto il suo lavoro più premiato. Un film documentario prodotto dalla RAI sui quattro Papi che hanno cambiato la nostra storia attuale: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Si intitola “L’uomo in bianco”, regia di Carlotta Bernabei.

È riuscita a rappresentare e a comunicarci emotivamente “la solitudine illuminata” di ogni Papa di fronte a fatti gravi o nel momento di scelte che hanno segnato un cambiamento. Solo chi ha sperimentato questa dimensione riesce a mantenere gli aspetti storiografici sullo sfondo e far emergere l’aspetto prettamente umano del Papa e regalare delle emozioni anche a chi non è molto vicino all’ambiente cattolico.

Nella parte dedicata a Giovanni Paolo II, il Papa del coraggio, viene raccontato l’uomo Karol prima della scelta di entrare in seminario per contrapporre altre armi di resistenza alla sopraffazione della guerra e rispondere con la bellezza e il coraggio dell’amore al grido di libertà e di vita degli oppressi.

Lo stesso grido che raccoglierà con forza quando sarà divenuto Papa nel pieno della guerra fredda mettendo l’uomo al centro ed implorandolo con voce alta e decisa nel primo discorso del suo pontificato:

“Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo…lasciate che Cristo parli all’uomo, solo lui ha parole di Vita.”

Un coraggio che gli costerà l’attentato alla sua persona ma gli darà la forza del perdono. Una consapevolezza di sé come strumento di pace e di libertà al servizio della vita, maturata in un uomo che non ha avuto paura che la solitudine degli anni segnati dalla perdita dei familiari scavasse nel profondo.

La regista Bernabei, con un efficace lavoro di montaggio del mix di musica e immagini inserite e rilanciate tra le parti narrate e le interviste, riesce a dare incisività e un ritmo sostenuto tenendo sempre alto il livello del racconto dell’uomo.

Nell’episodio su Paolo VI sono rimasto letteralmente sorpreso come questa nuova prospettiva narrativa mi facesse sentire questo Papa molto più vicino a me di quanto potessi immaginarlo.

Nel raccontare dei rapporti di stima e amicizia del Papa con Aldo Moro ucciso dopo il suo rapimento, è emozionante il risalto che viene dato al passo dell’orazione funebre in cui Paolo VI, affranto dal dolore si rivolge a Dio quasi additandolo: “E chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo Uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico.”

Non so se in questo Natale sono riuscito a dirvi qualcosa di utile sull’amore ma vorrei concludere con un ultimo appello al silenzio per dedicare ancora un momento del vostro tempo e dei vostri pensieri alla storia d’amore che i 90 anni di vita di Monsignor Desmond Tutu ci hanno raccontato.

Questo eroe della pace e della libertà dell’uomo è morto oggi. Insieme a Nelson Mandela, fu grande anima della liberazione della popolazione di colore dall’apartheid del Sudafrica.

Nello stadio di Soweto, nel 1993, gridò alla folla con una forza trascinante:

Alziamo le mani e diciamo ‘saremo liberi, tutti noi, bianchi e neri insieme, perché stiamo marciando verso la libertà.

Articoli simili