Con la messa in opera dell’acquedotto Claudio e dell’Anio Novus iniziati da Caligola e terminati
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Gericomio

Vecchie storie

di Mauro Rosa

Con la messa in opera dell’acquedotto Claudio e dell’Anio Novus iniziati da Caligola e terminati dall’Imperatore Claudio (52 d.C.) la sete della grande capitale in espansione, circa 1 milione di abitanti già all’epoca, veniva meno; uniti all’Anio Vetus (272 a.C.) e all’Acqua Marcia (144 a.C.) apportavano all’Urbe il 75% del fabbisogno totale; l’acqua necessitava in Roma in grande quantità e non solo come fonte primaria di sopravvivenza ma anche per i giardini, le ville, le terme urbane e soprattutto per gli orti e le coltivazioni. E al di fuori di Roma, verso l’antico territorio degli Equi e dei Sabini, sotto Tibur, la salubrità dei luoghi e la vista che si poteva godere sulla pianura dalle colline, rendeva l’area perfetta per la costruzione di residenze private sfarzose; le derivazioni minori dei quattro acquedotti, donando alla regione grande apporto di acqua, resero possibile la loro costruzione. Il convergere dei quattro acquedotti su Porta Maggiore aveva un sito d’incontro molto più remoto, a monte, in una località vicina a Tibur sotto monte Sant’Angelo: qui una piscina in laterizio faceva decantare le acque dell’Anio Novus e, collegata da rami secondari, le inviava a seconda delle necessità anche all’acquedotto Marcio e Claudio. Il sistema necessitava di manutenzione continua e questa si realizzava attraverso numerosi pozzi verticali (i Putei) disposti così da poter effettuare esplorazione, pulizia, riparazione. L’area sotto Tibur, convergendovi 4 acquedotti, ne era talmente ricca da esser soprannominata ‘Pozzarelli’, nomignolo con il quale la ritroviamo nel XV secolo (Rif. Bibliografia 1, 4, 5, 6, 7)

Tramontato l’Impero di Roma, distrutte le opere dai barbari, dall’incuria, dal tempo, le ville patrizie vennero trasformate in castelli con opere di difesa e i villaggi vi si radunarono intorno; erano nati i feudi e con loro i proprietari del territorio che sul territorio potevano esercitare il potere assoluto. Nel 1439 Papa Eugenio IV, fiero nemico della famiglia Colonna, vendette il feudo di Tivoli e San Gregorio con annessa la località ‘Pozzarelli’ agli Orsini, ma i Colonna con le armi se ne reimpossessarono nel 1498 fino al 1501, quando Papa Alessandro VI, privati i Colonna di tutti i loro averi, cedette di nuovo il feudo agli Orsini. Nel 1567 Giordano Orsini vendette il feudo di San Gregorio al Cardinale Prospero Publicola Santacroce (Medaglia in foto).

Gericomio

Nunzio apostolico in Germania, Francia, Spagna, Portogallo, abile diplomatico, il Santacroce, per i meriti acquisiti, fu richiamato in Roma ed ebbe la porpora da Papa Pio IV; uomo peraltro avido, avendo conosciuto durante la permanenza in Portogallo l’ambasciatore francese Jean Nicot e da questi una curiosa erba aromatica che gli indigeni delle Indie Occidentali fumavano sbriciolata in pipe o in foglie essiccate, introdusse alla corte Papale e poi in Italia l’uso del tabacco (Rif. 6); ne derivarono profitti enormi grazie all’immediata diffusione di questa nuova erba denominata ‘Santa’. Il feudo acquisito era degno del nuovo rango e al suo interno la località ‘Pozzarelli’ per la bellezza del panorama e le radici storiche dei resti ancora ivi presenti (Rif. 3, 7 presunti ruderi della villa di Traiano) sembrava il posto perfetto dove erigere un ‘buen retiro’ chiamato Villa Gerocomio.

Fu incaricato del progetto l’architetto Mascarino (autore delle scala elicoidale delle scuderie del Quirinale) e «l’amenissimo casino di villeggiatura con villetta…avanti del quale un semi circolo con sedili serve per dilettevole veduta della sottostante campagna» (Rif. 2) ebbe principio e il progetto stesso riportato in una medaglia commemorativa di Papa Gregorio XIII° del 1579 (Rif. 6); il Cardinale tiranneggiò per tutto il resto della sua esistenza gli abitanti del feudo essendone odiato come despota; morì senza vedere mai il completamento della Villa.

Con la fine del Medioevo e il cessare delle lotte feudali tornano la sicurezza e la possibilità di dedicare al lavoro dei campi e alla pastorizia le proprie attenzioni; il casale contadino prende il sopravvento sulla villa nobile ponendosi al centro dell’attenzione della vita quotidiana. Nel 1599 gli eredi del Cardinale vendettero il feudo con Villa annessa al duca di Poli L. Conti, da questi nel 1632 ai Barberini, nel 1655 al Cardinale Pio di Savoia e il feudo venne progressivamente abbandonato con particolare riguardo per la Villa Gericomio; nel 1825 il Sebastiani (Rif. 8) descrive «quattro casali circondati da vigneti» e la Villa in stato di abbandono; dal 1889 la proprietà passa ai Brancaccio e, mentre il castello di San Gregorio diventa patrimonio comunale, le terre circostanti la Villa e la Villa stessa restano proprietà della famiglia.

Per chi oggi conosce e frequenta i luoghi descritti (bikers, trekkers, runners) c’è però un ritorno all’apprezzamento originario della bellezza della contrada, un rinnovato interesse e studio archeologico, geologico, storico della grandezza delle opere Romane; un’efficiente e moderna gestione del patrimonio naturale della campagna con oliveti plurisecolari dalla bellezza mozzafiato.

Foto e medaglie dell’Autore

Bibliografia:

  • Ashby T. “The acqueducts of ancient Rome” 1935,
  • Bulgarini F. “Notizie storiche antiquarie statistiche…” 1848,
  • Cabral A.,Del Re F.”Delle ville e dei monumenti antichi…” 1779,
  • Frontino “De acquis urbis Romae” 100d.c.
  • Gori F. ”Viaggio pittorico antiquario…” 1855
  • Lanciani RA ”Wanderings in the roman campagna”
  • Nibby A. ”Viaggio antiquario nei contorni…” 1819,
  • Sebastiani FA. “Viaggio a Tivoli…”1825

I cardinali son gente triste,
fanno una festa ogni morte di papa.


Maurizio Sangalli

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