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Michelangelo: curiosità anatomiche nell’opera di un Genio (I)

(prima parte)

di Sergio Cicia

La raffigurazione di condizioni patologiche nella pittura e nella scultura e la loro interpretazione ha da sempre affascinato i medici, e numerosi articoli ed osservazioni sono stati pubblicati sull’argomento. Alcuni anni fa, mentre cercavo materiale per scrivere la tesi di specializzazione, mi capitò di leggere un articolo abbastanza insolito sulle curiosità anatomiche nell’opera di Michelangelo.

Michelangelo nacque il 6 marzo del 1475 a Caprese in Valtiberina, dove il padre Ludovico era podestà per conto della Repubblica di Firenze. Il ragazzo, fin dall’età adolescenziale si dedicò al disegno e nel 1488 entrò a far parte della bottega di Davide e Domenico del Ghirlandaio, con un contratto triennale.

Michelangelo ebbe sempre un grande interesse per l’anatomia sin dal momento in cui arrivò alla corte dei Medici. Iniziò la dissezione dei cadaveri a 18 anni e tali dissezioni avvenivano nel Monastero dello Spirito Santo a Firenze dove arrivavano i cadaveri degli ospedali vicini.

Per tale interesse, coltivato nel tempo, cercò di collaborare con disegni anatomici ad un testo d’anatomia di un famoso medico dell’epoca, Matteo Realdo Colombo (1516-1559). Costui, allievo e successore di Vesalio alla cattedra d’Anatomia e Chirurgia dell’Università di Padova, scrisse il De Re Anatomica, pubblicato postumo, in cui correttamente descrisse il rene destro più basso del sinistro e fornì la migliore descrizione della circolazione polmonare prima di quella fatta da William Harvey. Il De Re Anatomica fu largamente usato come testo d’anatomia e fu tradotto in inglese nel 1578 ed in tedesco nel 1609. Realdo Colombo divenne famoso, però, solo quando fu nominato archiatra del papa e alla corte del pontefice trovò e curò un illustrissimo paziente: Michelangelo.

È molto probabile, dunque, che Michelangelo avesse delle notevoli conoscenze non solo di anatomia, ma anche di fisiologia e patologia.

Nel 1505 fu chiamato da Papa Giulio II a Roma, con l’incarico di preparare, per lo stesso Pontefice, il mausoleo funebre. Malgrado tale progetto non fosse andato in porto, il Papa chiese comunque all’artista di affrescare la Cappella Sistina. Michelangelo, dopo varie resistenze, accettò l’incarico.

Il lavoro, destinato a divenire la sua opera più famosa, era visto dall’autore come un qualcosa di molto proibitivo poiché bisognava dipingere più di 500 metri quadrati di superficie. L’affresco lo impegnò per quattro anni dal 1508 al 1512. Nell’opera i motivi pittorici sono tratti dal libro della Genesi e già dalla loro impostazione si capisce il difficile momento che all’epoca di Michelangelo il mondo cristiano stava attraversando.

In alcune parti, come nella scena della Creazione di Adamo, si fondono tensioni che saranno proprie della riforma e della controriforma. Infatti, nel particolare si osserva che, mentre Dio giunge in volo da destra per dar vita ad Adamo, quest’ultimo è sdraiato su un lembo arido di terra, come se, per il solo fatto di essere nato, avesse già subito la condanna. I due indici, che non si toccano, ma si sfiorano, sono di una forza espressiva raramente raggiunta da altri artisti.

In quella scena c’è una prima stranezza: Michelangelo dipinge Adamo con l’ombelico, cosa non possibile perché Adamo fu creato e non generato da donna.

Ancora, un neuroanatomico americano aveva notato che il maestoso e ampio mantello che circonda il Creatore e i suoi angeli ha la forma del cervello umano.

Secondo Meshberger questo è un messaggio in codice di Michelangelo, a sostegno della teoria che la ‘parte divina’ che gli uomini ricevono da Dio è l’intelletto e non la vita, interpretazione rafforzata, nella sua opinione, dal fatto che Adamo nell’attimo precedente la sua creazione era già vivo, con gli occhi aperti e completamente formato.

A Roma Michelangelo incontra nuovamente Realdo Colombo che nel 1549 fa diagnosi e lo cura per calcolosi renale. L’artista soffriva di nefrolitiasi da molti anni. Nel 1555 si manifestò un’artrite gottosa che danneggiò ulteriormente la sua funzione renale. In una lettera scritta al nipote si lamentava di dolori ricorrenti alle articolazioni e menzionava il fatto che gli era stata diagnosticata la gotta. Morì di ritenzione idrica compatibile con la diagnosi di nefropatia ostruttiva.

È molto impressionante, a questo riguardo, che il mantello del Creatore nella scena della Separazione delle Terre dalle Acque, nel soffitto della Sistina, ha la forma di un rene destro sezionato.

L’uso del profilo del rene in una scena rappresentante la separazione dei solidi (la terra) da liquido (l’acqua) suggerisce che Michelangelo aveva una conoscenza approfondita dell’anatomia e della funzione del rene.

Raffaello, mentre Michelangelo è impegnato nella Sistina, affresca alcune stanze in Vaticano per Papa Giulio II e mostra un individuo con un ginocchio destro gonfio e deforme. Questa figura veste abiti contemporanei e non i vestiti classici degli altri personaggi. La tumefazione del ginocchio è stata interpretata come tofi gottosi, ma non vi è nessuna indicazione che il personaggio dipinto sia Michelangelo.

Il Giudizio Universale

Venticinque anni dopo il soffitto, Michelangelo si accinge a dipingere il Giudizio Universale, per ordine di Paolo III, vincendo la sua naturale riluttanza per la pittura. Il Giudizio Universale, dunque, è sicuramente il capolavoro degli anni della maturità. Al centro dell’affresco Cristo, seduto su una nuvola, alza il suo braccio destro sopra la figura della Madonna in un gesto collerico di dannazione mentre con la mano sinistra chiama gentilmente a sé i beati. Le anime dei beati mostrano una perfetta felicità nella contemplazione di Dio e ascendono al Paradiso. Molti di questi hanno uno sguardo di meraviglia con gli occhi aperti e fissi su Dio. Una delle figure, però, una donna con un turbante sulla testa, ha un aspetto che chiaramente suggerisce la presenza di esoftalmo. Si possono riconoscere i più classici segni dell’oftalmopatia associata all’ipertiroidismo: arrossamento congiuntivale e palpebrale, chemosi, edema palpebrale, proptosi ingravescente. A causa della sua posizione nel dipinto non è possibile dire se l’esofatalmo è mono o bilaterale anche se è molto probabile che sia bilaterale.

Dopo l’ultimo restauro, la presenza di una piccola emorragia nel bordo inferiore della congiuntiva è chiaramente visibile. Molte sono le figure con occhi spalancati, ma nessuna mostra segni così tipici dell’esoftalmo come in questa donna. Michelangelo dipinge, dunque, una donna con esoftalmo 300 anni prima della descrizione che ne dà Graves nel 1835, anche se l’esoftalmo era stato descritto da Aristotele e Xenofone già nel V secolo a.C. e l’associazione gozzo-esoftalmo era nota ai medici bizantini del X secolo d.C.

Ma allora chi era questa donna? E perché Michelangelo avrebbe voluto ritrarre una donna con esoftalmo? Una possibilità è che abbia ritratto casualmente una donna con esoftalmo, i cui segni erano chiaramente conosciuti dall’artista. Un’ipotesi alternativa è che abbia dipinto la figura di una beata specifica che aveva in mente e che avevano precedentemente dipinto con l’esoftalmo. Il colore della pelle della donna suggerisce che era di origine nord-africana, benché non sia la sola figura africana dipinta. Una probabile soluzione è che sia Santa Monica, madre di Sant’Agostino, spesso dipinta con un turbante e con i dettagli facciali suggestivi per origini nord-africane. Santa Monica nacque a Tagasta, Nord Africa, nel 333 d.C. e, in un dipinto del tardo XV secolo, è dipinta con la pelle scura. In un’altra rappresentazione del XVI secolo benché abbia gli occhi chiusi in preghiera, questi sono larghi e gonfi con edema palpebrale. Nell’arte viene suggerito che Santa Monica abbia sofferto di esoftalmo ed è possibile che sia lei la beata rappresentata nel Giudizio Universale. È probabile che molte altre patologie siano raffigurate nel dipinto. La profezia di Michelangelo – «Quanta gente perderà la testa su questo dipinto» – sembra, dunque, avverata. Questa frenesia cominciò con i romani che per primi osservarono i 391 personaggi del Giudizio Universale e continua ancora oggi con i visitatori di tutte le nazioni del mondo che si fermano ad ammirare il gigantesco affresco trovando ancora qualcosa di nuovo.

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