I templi dell'Acropoli
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I templi dell’Acropoli

Cartoline dal passato

di Tertulliano Bonamoneta

«Vi sono dei luoghi predestinati che sembrano edificati dalla natura per rappresentare, agli occhi dell’umanità, certe idee fondamentali e la cui magia deriva loro, non solo dalle tradizioni storiche, dalle leggende e dai ricordi che li hanno impregnati del loro penetrante profumo, ma si direbbero santuari scolpiti dagli dei che vi si venerano, per servir loro di abitazione…»

Édouard Schuré, saggista e poeta francese

 

Questa bella cartolina ci mostra i due più famosi templi di Tivoli nello stato in cui si trovavano alla fine dell’Ottocento, prima del restauro che liberò le strutture di età classica da quelle dei secoli successivi, che avevano trasformato il tempio rotondo in S. Maria della Rotonda e quello rettangolare nella chiesa dei Santi Giorgio e Martino.

Quest’ultima aveva il suo campanile, che ancora vediamo in piedi dietro il tempio circolare, che sarà abbattuto subito dopo il 1888, anno in cui si svolsero le pratiche presso il Ministero dell’Istruzione Pubblica, con i preventivi di spesa in gran parte sostenuti dal nostro concittadino Francesco Bulgarini, che vi aveva destinato un fondo fin dal 1878, come ci ricorda un’iscrizione nella Sala di S. Bernardino nel Comune di Tivoli. La cartolina ci documenta in primo piano i resti di quella che fu la Chiesa di S. Maria del Ponte, crollata definitivamente dopo la spaventosa piena del fiume Aniene del novembre 1826. Su quest’area attualmente sorge il residence ‘Sirene’.

La foto deve essere stata scattata tra il 1880 e il 1890.

I templi dell'Acropoli

In questa bella cartolina l’acquarellista ci trasmette, oltre alla precisione del disegno, che fa gustare l’eleganza della costruzione classica, il fascino del dirupo sottostante la piattaforma, sulla quale si innalza il tempio rotondo, che alcuni, non senza ragione, vogliono attribuire a Vesta per la sua caratteristica forma circolare, che ricorderebbe quella delle capanne protostoriche.

Tre visitatori ammirano il paesaggio dalla sottostante ed opposta terrazza, che si trova al di qua del fiume Aniene, il quale si inabissa nelle grotte sottostanti con grande fragore. Il pendio ai piedi del tempio, con la sua accentuata verticalità, concorre a dare slancio alle colonne, che i capitelli corinzi legano alla soprastante trabeazione, realizzata anch’essa in pregiata opera di travertino, il famoso ‘Lapis Tiburtinus’, che tanto fascino dona alle antiche strutture.

Delle belle colonne ne rimangono attualmente solo dieci sul luogo. Il bravo acquerellista è il nostro concittadino Edoardo Tani, che nel primo cinquantennio del XX secolo ha tenuto alto il nome di Tivoli nel campo dell’arte.

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