Villa d’Este e il Giardino delle Esperidi
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Villa d’Este e il Giardino delle Esperidi

Territorio da scoprire

di Roberto Giagnoli

Villa d’Este e il Giardino delle Esperidi

La fatica non vinse mai Ercole, né il dolce piacere l’animo del casto Ippolito. Per amore di entrambe queste virtù (forza e castità) Ippolito (d’Este) dedica questi giardini ad Ercole ed Ippolito.
Le mele d’oro che Ercole sottrasse (nel Giardino delle Esperidi) al dragone addormentato, ora le possiede Ippolito (d’Este), il quale,  memore di ciò, volle che questi giardini fossero consacrati all’autore del dono (Ercole).


Questa dedica di Marc-Antoine Muret (1526-1585), raffinato umanista e grande amico del Cardinale Ippolito d’Este, aiuta ad individuare i temi-guida su cui si sviluppa il simbolismo dei Giardini di Villa D’Este a Tivoli.
La leggenda, tratta dalla mitologia greca, narra come, tra le dodici fatiche imposte ad Ercole da Euristeo, l’undicesima consistesse nel conquistare dei pomi d’oro custoditi in un giardino dalle Esperidi (le ninfe Egle, Aretusa e Ipertusa) e dal drago dalle cento teste Ladone.
Ercole è un eroe mitologico caro alla città di Tivoli, venerato dall’antichità nel vicino Tempio di Ercole Vincitore e alla famiglia estense, che, come era in uso tra i sovrani dell’antichità, attribuiva ad Ercole e Galatea l’origine della propria genealogia.
Nello stemma estense compaiono, infatti, le mele d’oro conquistate da Ercole, sotto la protezione dell’aquila.
Lo stesso giardino di Villa d’Este è, idealmente, il Giardino delle Esperidi, nel quale Ercole affronta un viaggio attraverso la propria interiorità per assurgere ad una conoscenza superiore.

Villa d’Este e il Giardino delle EsperidiAccanto ad Ercole, Venere è un altro soggetto dominante, in questo caso una Venere Generante, viste le connessioni, oltre che con la Sibilla e Diana Efesina, con l’elemento acqua e l’antro, la grotta che accoglie la vita primordiale.
Venere è anche madre di Armonia: il neofita verrà accompagnato dal suono armonico dell’acqua, dal mormorio che allude al Parnaso, il luogo incantato in cui il mormorio delle acque permetteva il fiorire delle arti e che Apollo e le Muse non vollero lasciare. Venere come principio di vita, in un ciclo perenne, che vede l’acqua uscire dalla terra per confluire nel mare e poi, in vapore e pioggia per tornare nell’amato grembo.

Villa d’Este e il Giardino delle EsperidiCiclo vitale, rappresentato all’interno della Villa a partire da Pegaso, il mitico cavallo alato, simbolo delle nuvole, che dal Parnaso fa scaturire con un colpo del suo zoccolo le acque che, a loro volta, si dividono nei tre fiumi tiburtini (Anio, Albuneo ed Erculaneo) che si raccolgono nella vasca della Fontana di Tivoli o dell’Ovato dalla quale dipartono e, attraverso il Viale delle Cento Fontane, affluiscono nel Tevere verso Roma, rappresentata dalla Rometta. La Fontana di Nettuno (dio del Mare), secondo l’originario progetto di Pirro Ligorio, avrebbe dovuto
trovarsi alla fine delle Peschiere ad accogliere il Tevere, simbolicamente nel mare, perché le acque, poi, evaporando potessero
ricominciare il loro ciclo.
Sfortunatamente, il progetto iniziale del giardino ha subito alcune modifiche, che ne hanno alterato il simbolismo unitario e la visione rinascimentale, sostituiti, nel corso della Controriforma, con soggetti più severi, consoni ai nuovi canoni.

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