Lo stretching
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Lo stretching

Salute e sport

di Roberto Ferdinandi

Lo stretching come principale mezzo di prevenzione dei traumi muscolo legamentosi

È molto probabile che il professor Bob Anderson, durante la redazione, nel 1980, del noto protocollo di esercizi di allungamento muscolare di tipo statico, non pensasse assolutamente che avrebbe ottenuto un successo così vasto e duraturo nel mondo delle attività sportive, tale da superare negli Stati Uniti alcune mode, come la tanto praticata ginnastica aeorobica, miseramente fallita nell’arco di un decennio.

A quarant’anni dal primo utilizzo di questa metodica, è opportuna una riflessione ed un approfondimento sullo stretching, pratica della quale ancora oggi, e spesso, non si comprende l’importanza, sia nella prevenzione dei principali traumi muscolo legamentosi degli atleti, sia nel miglioramento della fase di recupero. Lo stretching può essere sia propedeutico ad una attività sportiva nel riscaldamento e nel recupero, sia una modalità di ginnastica a se stante.

La bontà della sua scoperta risiede nel fatto che prima di allora nessuno si era preoccupato di studiare a fondo la struttura muscolare con l’ausilio del microscopio elettronico, valutandone la grande capacità di elasticizzarsi, nel continuo ciclo di contrazione e decontrazione dei filamenti di actina e miosina e prevedendo che un pre-allungamento non traumatico prima di uno sforzo

massimale potesse ridurre la possibilità di subire stiramenti e distrazioni muscolari. Anderson osservò anche come, nella fase di recupero post- massimale, tali esercizi protratti per alcuni minuti determinassero un più facile smaltimento dell’affaticamento muscolare prodotto dallo stress agonistico.

Nei decenni successivi la ricerca è andata avanti, cercando di standardizzare la durata della contrazione e dell’allungamento. Gli studiosi implementarono le iniziali osservazioni di

Anderson, evidenziando come l’effetto massimale dello stretching nella fase preparatoria di riscaldamento necessi di pochi secondi di posizione statica, mentre nella fase di recupero la posizione deve essere mantenuta per un tempo maggiore anche in relazione alla massa muscolare stessa. Tutto ciò produce una sorta di de-eccitamento dei fusi neuromuscolari con conseguente miglioramento dei tempi e delle modalità di recupero.

Tali linee guida, nel corretto esercizio dell’allungamento muscolare, sono frutto di anni di prove e valutazioni biomeccaniche su atleti di vertice e sulla vasta popolazione dei master-amatori delle attività atletiche che purtroppo, se non ben istruiti, subiscono più facilmente e frequentemente traumi che possono impedire anche a lungo l’attività motoria.

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