Porte aperte allo sport
 |  |  | 

Porte aperte allo sport

di Nicola Iacovone

Asma bronchiale e sport

Dal punto di vista epidemiologico l’asma bronchiale è una patologia in continua espansione, infatti in Italia la prevalenza è del 5% tra i soggetti provenienti da aree prevalentemente agricole e del 7% da aree urbane, ciò probabilmente in relazione al diverso grado di inquinamento ambientale. Stime attendibili fanno ritenere che il numero totale di asmatici sia di circa 2,5 milioni di soggetti di cui 100-150.000 sono affetti da asma grave. Sintomi respiratori suggestivi per asma sono stati riportati in percentuali variabili dal 7 al 27% di bambini di età superiore ai 6 anni.

Per quanto riguarda la distribuzione della malattia per classi di età, è stato rilevato che nel sesso maschile la prevalenza ha un andamento caratteristico ad ‘U’: più elevato nei soggetti di età compresa tra 8 e 14 anni e maggiore di 45 anni (nelle classi intermedie è inferiore); nelle donne, invece, si ha una più elevata prevalenza nelle classi di età 8-24 anni e maggiore di 34 anni.

Per ciò che concerne i dati sulla mortalità, sia in Italia che negli USA è stata osservata una diminuzione nel periodo compreso tra il 1950 e il 1977 seguita da un nuovo incremento negli anni successivi e quindi tendenza alla stabilizzazione (aumentato uso dei farmaci). Nei soggetti con più di 55 anni il tasso di mortalità è di 20/100.000 (importante rilevanza sanitaria).

Fino agli inizi degli anni ‘80, ai soggetti affetti da asma bronchiale o bronchite asmatica, veniva precluso ogni genere di attività sportiva. Attualmente, l’approfondita conoscenza dei meccanismi patogenetici e l’acquisizione di nuovi prodotti farmacologici (beta2-agonisti e corticosteroidi per via inalatoria, cromoni, antileucotrienici e anticolinergici), ha permesso di cambiare le opinioni.

Da tutto ciò si evince l’errore spesso effettuato dai genitori, dagli allenatori ed anche dai medici, nel limitare o proibire la pratica di un’adeguata attività sportiva nei bambini (e adulti) asmatici, credendo erroneamente che possa peggiorare la sintomatologia o lo stato di malattia.

Ad aggravare l’iperprotezione familiare e le remore dei medici, sono la possibile insorgenza di broncoostruzione durante l’attività fisica (asma da sforzo) ed il ridotto stato di forma spesso osservabile negli asmatici (quest’ultimo direttamente dipendente dalla scarsa pratica motoria osservabile in questi bambini od adulti). A sua volta ciò genera emarginazione e quindi mortificazione dell’atleta: a questo punto si chiude un circolo vizioso causa della ridotta forma fisica, osservabile tipicamente nell’asmatico.

Indubbiamente, il grado di ostruzione bronchiale si concretizza con un maggior sforzo per ventilare la stessa quantità di aria rispetto ad un soggetto normale, ma un regolare e periodico allenamento può ridurre lo sforzo necessario alla ventilazione, consentire l’uso di un minor quantitativo di farmaci, ottenere un minor numero di crisi e di assenteismo scolastico. Dal punto di vista clinico-funzionale, l’asma bronchiale con broncospasmo continuo è causa di inidoneità assoluta all’attività sportiva, qualora necessiti di terapia steroidea continua, oppure si abbia all’esame spirometrico una FEV1/VC minore del 55% ed irreversibile dopo terapia bronco-disostruente. Nel broncospasmo intermittente o, ancor meglio, nella semplice iperreattività bronchiale, l’attività sportiva è consentita e l’unica accortezza è di porre particolare attenzione al verificarsi del broncospasmo indotto da esercizio fisico.

La storia naturale della malattia non appare modificata dalla pratica dell’attività sportiva, ma rappresenta un mezzo per modificare favorevolmente il quadro clinico e per innalzare la soglia di induzione del broncospasmo da esercizio fisico, aumentando la potenza aerobica del soggetto (futuro atleta).

Quale sport consigliare all’asmatico

Il nuoto rappresenta lo sport ideale per i soggetti asmatici: praticato in ambiente adeguatamente riscaldato, favorisce lo sviluppo armonico della muscolatura e permette all’atleta di controllare e regolarizzare gli atti del respiro in sincronia col movimento degli arti superiori ed inferiori; inoltre, è un valido supporto allo sviluppo della gabbia toracica e quindi al miglioramento dei volumi statici e dinamici polmonari.

Per lo stesso motivo, sia tecnico-gestuale che ambientale (grado di umidità), anche lo sci di fondo è ideale. Con esso si ha impegno ritmico di numerose masse muscolari in armonia con gli atti del respiro. Inoltre permette, al pari del nuoto, di sviluppare l’apparato cardiovascolare in sincronia con l’apparato muscolo-scheletrico. Altro sport raccomandato è la marcia e la camminata a passo svelto (come ad esempio il nordik walking), purché eseguite in ambiente non inquinato e lontano dai periodi della pollinazione. Tra le attività meno asmogene si ricordano gli sport che comportano sforzi intensi, ma di breve durata, ad esempio le discipline di destrezza o di potenza quali: sci alpino, scherma, velocità piana, salto in alto ed in lungo, oppure gli sport di squadra (pallavolo, hockey, pallacanestro, calcio), facendo svolgere ad ognuno il ruolo più consono alle proprie condizioni funzionali polmonari. Non ultime le attività di palestra, purché eseguite in ambiente caldo-umido. Tra le attività sportive più asmogene ricordiamo il ciclismo e soprattutto la corsa libera (fondo e mezzofondo): infatti, per valutare in laboratorio il grado di broncoostruzione nell’asmatico, si è soliti far eseguire un test massimale al cicloergometro oppure al tappeto rotante. Si sconsigliano assolutamente le attività subacquee con autorespiratori, mentre l’apnea, secondo alcuni autori, può essere considerata riabilitante.

Praticando sport si può verificare

Il broncospasmo indotto da esercizio fisico si presenta con maggiore frequenza negli asmatici con ipersensibilità ad allergeni perenni, oppure nei soggetti con ipersensibilità ad allergeni stagionali nel periodo critico primaverile (50-80% di tutti gli asmatici).

Fattori precipitanti sono: processi infettivi concomitanti, il tipo di sport (ambiente di svolgimento e modalità di esecuzione), gravità della malattia.

È caratterizzata dalla comparsa di sibili respiratori e accessi di tosse secca, fino alle crisi dispnoiche (a volte astenia, malessere generale e oppressione toracica) tale da richiedere la pronta somministrazione di un beta2 agonista per via inalatoria. Raramente tale fenomeno si può verificare con le stesse caratteristiche in soggetti normali (3%), in soggetti con rinite allergica (30%) e nel 15% degli atleti agonisti (esame spirometrico diagnostico).

Oltre alla terapia farmacologica, c’è anche quella sport-terapeutica o bronco-protezione non farmacologica: la profilassi farmacologica deve essere sempre accompagnata da un adeguato programma di allenamento individualizzato con carichi crescenti di lavoro, sub-massimali (3/4 volte settimanali, durata 40’- 60’, F.C. sopra il 70% della teorica massima, far precedere ogni seduta di allenamento dal ‘preriscaldamento o warm-up’ (15’) con esercizi aerobi-anaerobi alternati, di media intensità e frequenti periodi di recupero, oppure, esercizi più intensi con pause più elevate (permette di attuare la broncodilatazione simpatica con associato il periodo refrattario), imparare la respirazione nasale per umidificare e riscaldare l’aria ed utilizzare maschere antifreddo. Si sconsiglia lo sport esclusivamente nei periodi di riacutizzazione della malattia o durante un episodio infettivo.

Stesse considerazioni sono valide per coloro che soffrono di ‘rinite allergica’, infatti il quadro clinico può peggiorare in determinate condizioni strettamente correlate alla pratica dell’attività fisico-sportiva: maggior esposizione ad allergeni inalanti, a sostanze irritanti, condizioni atmosferiche freddo/secche e aumentato rischio di traumi nasali. Tale patologia incide negativamente sulla performance fisica ma gli atleti sottoposti a cicli stagionali di steroidi topici (spray nasali), hanno ottenuto significativi miglioramenti del quadro sintomatologico, della qualità della vita e dei risultati sportivi.

L’anafilassi indotta da esercizio fisico (EIA), è una rara forma di allergia causata direttamente dall’esercizio fisico o talvolta dalla concomitanza dell’assunzione di alimenti e/o farmaci con l’esercizio fisico. I sintomi possono variare dalla orticaria, all’angioedema o alla anafilassi vera e propria.

È caratterizzata da un quadro clinico di anafilassi sistemica: fase 1 prodromica (astenia, prurito, calore ed eritema generalizzato), fase 2 (orticaria gigante e angioedema), fase 3 conclamata (coinvolgimento delle vie aeree superiori ed inferiori con tosse, stridore laringeo e broncospasmo, ipotensione e collasso). I sintomi durano da 30 minuti a 4 ore (aumentati livelli di istamina nel sangue), la durata e l’intensità dello sforzo non sembrano essere correlate alla successiva manifestazione clinica e tali manifestazioni tendono a diminuire nel tempo.

Fattori favorenti sono: clima caldo o freddo, umidità elevata, ciclo mestruale, alta concentrazione di pollini, storia familiare e/o personale di atopia.

Bronco-Pneumopatia-Cronica-Ostruttiva e sport

La BPCO è una patologia lentamente progressiva, che limita il passaggio dell’aria in ingresso e in uscita dai polmoni, comportando difficoltà respiratorie e limitando la capacità di svolgere le comuni attività quotidiane, sin dalle prime fasi della malattia.

Il ‘test del cammino’ per 6 minuti, che valuta il rapporto tra dispnea ed intensità dello sforzo, è di notevole aiuto diagnostico preliminare (frequenza cardiaca basale, ogni minuto e alla fine del test; monitoraggio continuo della saturazione di O2; controllo ogni 2’ della dispnea e dell’affaticamento muscolare mediante la scala di Borg; conteggio dei metri percorsi e confronto con i valori teorici). Secondo una recente indagine scientifica, la percentuale di inattività nei soggetti con BPCO varia dal 20% in malati al 1° stadio, al 90% nei malati in 3° e 4° stadio.

La BPCO è una patologia in fase crescente e di inesorabile priorità per la salute della popolazione, sia a livello nazionale che a livello mondiale. Infatti l’O.M.S. stima che, entro il 2030, diventerà la terza causa di morte. La prognosi a lungo termine per la riacutizzazione è infausta, con mortalità a cinque anni del 50%.

La dispnea è un tratto caratteristico della BPCO che limita la tolleranza all’esercizio corporeo e ha un impatto sulla capacità di svolgimento delle attività quotidiane, impedendo o limitando notevolmente l’attività fisica (la ridotta tolleranza allo sforzo costituisce uno dei primi segnali dell’evoluzione della malattia). In questo modo si può innescare una spirale negativa, che porta a evitare l’esercizio fisico con conseguente perdita del tono-trofismo dei muscoli periferici. Tale riduzione fa sì che la dispnea peggiori e si manifesti anche a seguito di minime attività motorie, con un ulteriore peggioramento delle condizioni di salute e un aumento del rischio di disabilità e di mortalità.

Le Linee Guida internazionali del 2018 raccomandano a tutti coloro che sono affetti da BPCO, indipendentemente dal livello di gravità della malattia, di mantenere o aumentare l’attività fisico-motoria associata ad un’adeguata terapia farmacologica. È quindi fondamentale giungere a un protocollo ben definito che ne permetta la prescrizione terapeutica, individuando attività consone allo stato funzionale, alla situazione clinica e alle condizioni sociali dei pazienti coinvolti.

Attività fisiche consigliate nella riabilitazione della BPCO sono: camminare, andare in bicicletta, nuotare (alternare ritmi sostenuti per brevi distanze con inserimento di distanze prolungate più lente).

 

Articoli simili