Una sana alimentazione per la sclerosi multipla
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Una sana alimentazione per la sclerosi multipla

Salute e alimentazione

di Paola Marconi

La sclerosi multipla (SM) è una patologia cronica, autoimmune e infiammatoria che colpisce il Sistema Nervoso Centrale. È caratterizzata da processi infiammatori perivascolari a livello della Barriera Emato-Encefalica e dalla degradazione della guaina mielinica con compromissione degli assoni.

Fra le cause possibili della SM troviamo una possibile predisposizione genetica, un’alterata risposta autoimmune, svariati fattori ambientali come infezioni da virus o batteri o intossicazioni da metalli pesanti, il fumo e le abitudini alimentari non corrette.

Infatti, le evidenze di una possibile influenza dello stile alimentare sulla malattia sembrano essere ormai abbastanza chiare.

È probabile infatti che la particolare distribuzione geografica della SM e l’influenza della migrazione sul rischio della malattia siano da relazionare con un impatto ambientale di tipo nutrizionale piuttosto che di natura infettiva o tossicologica.

Nei Paesi Occidentali ad alto reddito in cui è diffusa la SM, lo stile di vita è basato su diete ipercaloriche, ricche di carboidrati raffinati e di grassi saturi di origine animale. Un altro elemento correlato con l’alimentazione e la distribuzione geografica è rappresentato dalla disponibilità di Vitamina D che è minore alle latitudini dove c’è meno esposizione alla luce del sole.

Comunque, il ruolo della nutrizione nella eziopatogenesi della SM è ancora poco chiaro e deve essere dimostrato, tanto che, allo stato attuale, il trattamento della SM non è associato ad alcune dieta in particolare.

Noi siamo abituati a considerare il cibo soprattutto in termini di calorie; ma le molecole che ingeriamo hanno la capacità di influenzare in modo diretto il metabolismo delle cellule. Ne deriva che le sostanze nutritive sono in grado di orientare il metabolismo cellulare verso il catabolismo (degradazione e produzione di energia) o verso l’anabolismo (sintesi di nuove sostanze nutrienti). Le sostanze nutrienti agiscono legandosi a particolari bersagli molecolari della cellula, soprattutto enzimi, recettori nucleari e fattori di trascrizione, che agiscono come sensori capaci di rispondere a variazioni dei nutrienti nell’ambiente cellulare.

I fattori di trascrizione e i recettori nucleari attivati si legano al DNA e regolano l’espressione dei geni e il metabolismo dei nutrienti. Quegli stessi sensori hanno anche un ruolo nella regolazione dei processi infiammatori e rappresentano la chiave molecolare per comprendere come la dieta possa influenzare il decorso di malattia cronica infiammatoria.

I componenti della dieta la cui assunzione deve essere controllata per evitare di favorire i processi infiammatori in malattie come la SM sono soprattutto: acidi grassi saturi di origine animale, grassi e proteine del grasso del latte di mucca, acidi grassi insaturi idrogenati trans, carni rosse, bevande zuccherate, eccesso di zuccheri e alimenti poveri di fibre, sale in eccesso nei cibi.

Gli acidi grassi di origine animale si trovano in alimenti come il latte intero, il burro, il formaggio, la carne, le salsicce, ecc… Nel 1950, Swank propose che il consumo di grasso animale saturo fosse legato direttamente con la frequenza della SM, ma solo nel 2003 fornì dati certi per correlare la restrizione dell’assunzione di grasso animale alla remissione della SM. Egli attribuì gli effetti nocivi dei grassi saturi alla formazione di grossi aggregati che potevano ostruire i piccoli capillari e contribuire alla malattia.

Sappiamo anche che l’assunzione di grassi saturi è legata anche alla diminuzione della fluidità delle membrane e all’aumento della sintesi del colesterolo. Studi recenti indicano che l’azione dei grassi saturi è controllata a livello trascrizionale ed influenza l’espressione genica, il metabolismo cellulare, lo sviluppo e la differenziazione della cellula. Ancora, l’assunzione di acidi grassi di origine animale è collegata ad un’elevata assunzione di calorie ed alla lipogenesi. Tutto questo porta ad una variazione qualitativa e quantitativa della microflora batterica intestinale allo scopo di estrarre e depositare più energia dalla dieta e di inibire il catabolismo.

Gli acidi grassi idrogenati, presenti ad esempio nelle margarine, in grassi vegetali trattati e nelle merendine, sono acidi grassi trans, a differenza degli acidi grassi naturali che sono cis. I trans interferiscono con il metabolismo degli acidi grassi insaturi ed innalzano i livelli dei marcatori dell’infiammazione sistemica.

Le carni rosse contengono più ferro eminico delle carni bianche. Il ferro viene nitrosilato e ciò facilita la formazione di nitroso-composti endogeni mutagenici che danneggiano il DNA. La carne trattata con nitriti fa aumentare ancora di più il rischio.

L’alimentazione di tipo ‘occidentale’ è arricchita da bevande spesso zuccherate. Assumere queste bevande fa crescere rapidamente l’introito calorico giornaliero, e l’assunzione contemporanea di carboidrati raffinati porta ad un minore consumo di fibre che rivestono un ruolo fondamentale nel contrastare l’infiammazione. Un pasto ricco di zuccheri e carboidrati raffinati fa aumentare i livelli di insulina. Questa attiva la biosintesi dei grassi e delle molecole pro-infiammatorie, favorendo anche la produzione di acido arachidonico e dei suoi derivati pro-infiammatori.

Ci sono molti composti naturali che si possono assumere con la dieta e che hanno potere antiossidante. Lo stress ossidativo è una delle più importanti componenti del processo infiammatorio che porta alla degradazione della mielina e al danno assonale. In questa ottica, un’alimentazione ricca di antiossidanti può mostrarsi utile per cercare di ristabilire un giusto equilibrio fra la formazione e la distribuzione dei radicali liberi nel corso della malattia. Gli antiossidanti della dieta rivestono un ruolo capace di contrastare gli effetti negativi degli agenti microbici e degli acidi grassi saturi o trans, limitando quindi l’espressione di molecole pro-infiammatorie, lo stress ossidativo e l’angiogenesi.

I più importanti antiossidanti naturali sono i polifenoli e i carotenoidi. Condividono notevoli proprietà anti-infiammatorie con altre molecole non antiossidanti e la vitamina D. Molto utili sono anche gli elementi come selenio, magnesio e zinco.

Polifenoli e carotenoidi sono presenti nei vegetali, nelle spezie, nelle erbe, nella frutta e nel vino; essi sono capaci di interagire con diversi enzimi, recettori nucleari e fattori di trascrizione, influenzando in modo rilevante il metabolismo cellulare in fisiopatologia. I polifenoli più importanti sono la quercetina, il resveratrolo, la curcumina, l’idrossitirosolo, le catechine. Tra i carotenoidi, il più importante è il licopene.

La quercetina si trova nelle cipolle, nelle mele, negli agrumi e nel vino. Essa ha attività antiinfiammatoria, immonomodulante ed antivirale e riduce la proliferazione delle cellule mononucleate del sangue periferico. Il resveratrolo si trova nel vino rosso, nella cioccolata, nelle arachidi, nelle bacche e nell’uva nera. Esso ha un effetto neuroprotettivo, proprietà anticancerogene ed antiinfiammatorie. Protegge il sistema cardiovascolare.

Il licopene è un carotenoide che si trova nel pomodoro, nell’anguria e nel pompelmo rosa. È un antiossidante più potente del betacarotene e della vitamina E. Ha effetti protettivi nei confronti del cancro.

In ultimo, ma non come importanza, abbiamo la grande alternativa agli acidi grassi saturi di origine animale che sono gli acidi grassi insaturi e poliinsaturi che sono presenti nei vegetali, nel pescato e nell’olio di pesce. Fra tutti gli olii vegetali, l’olio di oliva è da preferire all’olio di semi per il suo ottimo rapporto fra acidi grassi saturi e insaturi e perché contiene un potente antiossidante: l’idrossitirosolo.

Per concludere, va considerato che la dieta non riguarda solo l’assunzione di sostanze ‘buone’ o ‘cattive’, ma ciò che decisamente fa aumentare il rischio di malattie infiammatorie croniche è l’assunzione eccessiva di calorie. La restrizione calorica, invece, protegge dalle malattie neurodegenerative nei modelli animali e potrebbe essere efficace nel contrastare la progressione della malattia stessa. Essa induce una diminuzione del danno ossidativo.

La vita è troppo breve per rischiare di mangiare male


Simone Nardone

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