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Chateaux de la Loire

On the road

di Emanuele Chiapponi

 

II parte – Il Castello delle Dame

 

Due donne, un solo Sovrano

Chateaux de la LoireFrancesco I di Francia (1494-1547), re mecenate, amico di Leonardo da Vinci e ideatore della reggia di Chambord, ebbe diversi figli legittimi. Fu il maschio secondogenito, Enrico di Valois (1519-1559), a succedergli al trono nel marzo del 1547, divenendo Enrico II di Francia. Enrico aveva sposato, nel 1533, Caterina de’ Medici.

 

 

 

 

 Ritratto di Enrico II di François Clouet

Discendente di una grande famiglia italiana di Firenze, Chateaux de la LoireCaterina Maria Romula di Lorenzo de’ Medici, nota semplicemente come Caterina de’ Medici (1519-1589), lasciò l’Italia all’età di quattordici anni per andare in sposa ad Enrico di Valois. Nella sua nuova patria francese la giovane Caterina ebbe, inizialmente, solo un ruolo di secondo piano. Si adattò alla vita di corte con molta delicatezza, evitando con cura di attirare l’attenzione. Ben formata, ma poco seducente, non esercitò alcuna attrazione sul marito Enrico, che anzi iniziò a dedicare le proprie attenzioni ad un’altra donna: Diana di Poitiers.

 

Ritratto di Caterina de’ Medici di François Clouet

 

Amante di Enrico di Valois – o, per usare la terminologia dell’epoca, sua ‘favorita’ – Diana di Poitiers (1499-1566) calamitò notevolmente l’attenzione del monarca.

Bella, intelligente e con un ottimo senso degli affari, divenne una delle donne più influenti dell’epoca e guadagnò, Chateaux de la Loireper tutta la durata del regno di Enrico (1547-1559), incarichi e rendite reali per i propri amici. Consigliera occulta del re in ambito politico, ottenne persino la responsabilità dell’educazione dei figli reali.

 

Ritratto di Diana di Poitiers di François Clouet

 

Caterina, donna e regina, non poteva ignorare la luce irradiata dalla rivale. Tuttavia scelse la via della sopportazione. Incassava le umiliazioni continue e la preminenza della favorita, dissimulava lo sconforto con attiva rassegnazione. Al tempo stesso, però, indagava sulle armi segrete della sua antagonista, attraverso certi buchi che aveva praticato sulla sua alcova – come racconta Pierre de Brantôme – anche al rischio di «scoprirla dimenarsi mezza nuda, bianca, bellissima, la carne fresca e delicata, intenta in inimitabili follie col suo amante regale» Se dovessimo, tuttavia, individuare un contesto nel quale questa umiliazione fu consumata nella sua forma più bizzarra, ebbene dobbiamo senz’altro recarci presso il castello di Chenonceau.

L’adulterio creativo: Chenonceau

A circa quaranta minuti di auto da Tours, seguendo la strada statale D140, che corre parallela al fiume Cher in direzione del Comune di Chenonceaux, sorge il castello di Chenonceau.

Edificato tra il 1515 ed il 1521 da Thomas Bohier per la moglie Catherine Briçonnet, il castello di Chenonceau è un capolavoro architettonico rinascimentale, un luogo eccezionale per la sua posizione privilegiata sul fiume Cher, per i suoi meravigliosi giardini, per il candore delle sue facciate e le curve sensuali delle sue torrette. Amato, amministrato e protetto nei secoli da una serie di grandi donne, è anche noto come ‘Castello delle Dame’.

Divenuto di proprietà della corona nel 1526, Enrico II lo offrì in dono, nel 1547, alla sua ‘favorita’ Diana di Poitiers, con rinnovato imbarazzo della moglie Caterina, appena proclamata regina. Chateaux de la LoireAlla brillante Diana si deve la realizzazione del ponte sul fiume Cher, che conferisce a Chenonceau la sua architettura unica al mondo. A lei si deve anche la realizzazione degli splendidi giardini lungo le rive del fiume, tra i più spettacolari e moderni del suo tempo.

 

Castello di Chenonceau, veduta aerea

 

Appassionato di Diana in modo sconsiderato, re Enrico non accennava ad esaurire le proprie spinte creative a beneficio dell’amante: iniziò a siglare molti ambienti del castello con un particolare simbolo, derivante dall’intreccio dell’iniziale del proprio nome – la ‘H’ di Henry (Enrico) – con la ‘doppia C’ speculare della moglie Caterina. Una manifestazione d’amore ‘regale’ – potranno osservare i più romantici – se non fosse che i monogrammi così intrecciati, ben lungi dall’essere simbolo di amore coniugale, formano una elegante lettera ‘D’…Diana!

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Monogrammi e D di Diana

Ebbene, tanto nella stanza di Diana quanto – soprattutto – in quella di Caterina, rimane oggi ben visibile questa medievale, creativa e – bisogna ammetterlo – elegante manifestazione di amore adulterino. Una passione, quella di re Enrico, che ha travalicato i secoli, e che continua, ancora oggi, a far chiacchierare folle di turisti a proposito delle…corna della regina!

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Particolare della stanza di Diana de Poitiers.

Foto: Emanuele Chiapponi

La vendetta, naturalmente, arrivò. Il 10 luglio 1559 Enrico II morì in seguito ad una ferita all’occhio ricevuta durante un torneo cavalleresco. Divenuta reggente di Francia, Caterina si riscattò sull’eterna rivale. Scacciò Diana dal castello di Chenonceau, obbligandola anche a restituire i gioielli della corona che le erano stati donati dal defunto Enrico.

Diana si spense a 66 anni, nel 1566. La sua fine risulta di particolare interesse da un punto di vista clinico: morì infatti avvelenata dall’oro liquido – od ‘oro potabile’ – un infuso di oro disperso che ingeriva per mantenersi giovane, come pubblicato in un articolo del British Medical Journal dal titolo A gold elixir of youth in the 16th century French court (2009). L’articolo riporta i risultati della ricerca paleopatologica effettuata da un’équipe specializzata guidata dal Prof. Bertrand Ludes, che ha analizzato le spoglie di Diana, effettuando prelievi di DNA in un dente e in piccoli frammenti di tessuti. Ebbene, il tasso d’oro nei tessuti era 250 volte superiore al normale, e lo stesso risultato emergeva dai capelli rubati dai giacobini conservati in un medaglione. Diana era morta avvelenata dall’oro. Lo provava, del resto, anche la «meravigliosa tinta pallida» che sempre Pierre de Brantôme descrisse di lei poco prima della sua morte. Quella magia inossidabile altro non era che l’anemia causata dalla intossicazione ormai cronica e devastante.

Caterina de Medici, ormai signora del castello, fece di Chenonceau la sua residenza preferita aggiungendo altri giardini. Nel suo periodo da reggente di Francia spese ingenti somme per il castello e per organizzarvi feste e intrattenimenti. Nel 1560, in occasione dell’ascesa al trono di suo figlio Francesco II, vi organizzò il primo spettacolo pirotecnico mai visto nel paese.

Dal 1576, su progetto dell’architetto Philibert de l’Orme, Caterina affidò a Jean Bullant l’incarico di sviluppare una galleria partendo dal ponte sul Cher che aveva fatto erigere in precedenza Diana. Lunga 60 metri, larga 6, rischiarata da 18 finestre, con un pavimento di tufo e ardesia, un soffitto a travi apparenti, la galleria è una sontuosa sala da ballo che fu inaugurata nel 1577 in occasione delle festività organizzate da Caterina de’ Medici in onore di suo figlio, il re Enrico III. A ben vedere, la somiglianza con il Ponte Vecchio di Firenze è impressionante. Caterina, del resto, aveva sempre serbato nel cuore le immagini e le architetture della propria terra natia.

Alla morte di Caterina de’ Medici nel 1589, il castello di Chenonceau divenne di proprietà della nuora Luisa di Lorena, moglie di re Enrico III. Divenuta vedova – sempre nel 1589 – Luisa cadde in una profonda depressione, e trasformò il castello da luogo di feste in luogo tetro e silenzioso. Fu solo nel ‘700 che il castello ritornò ai fasti di un tempo, divenendo – grazie alla brillante Madame Louise Dupin – un importante salotto di stampo illuminista che accolse scrittori, poeti, scienziati e filosofi come Montesquieau, Voltaire e Rousseau. Protettrice accorta di Chenonceau, Madame Dupin salverà l’edificio durante la Rivoluzione Francese. Il castello passerà poi di mano in mano, fino a quando, nel 1913, divenne proprietà della famiglia di industriali cioccolatai Menier.

Radiologia…di guerra

Gaston Menier (1855-1934), passato alla storia come ‘l’industriale del cioccolato’, fu uno dei tanti individui facoltosi che contribuì economicamente allo sforzo nazionale francese durante la prima guerra mondiale. Propose all’allora Ministro della Guerra e futuro Presidente della Repubblica francese, Alexandre Millerand, di creare a proprie spese, nelle stanze del proprio castello, un ospedale militare. La proposta fu immediatamente accettata. Benché lontano dalle trincee, Chenonceau conobbe le pene della guerra.

La corsia ospedaliera fu allestita – ironia della sorte – all’interno della galleria a due piani che tante volte era stata teatro di feste, sfarzi e goliardia. Lo sfarzo ebbe luogo, ma di ben altro genere: fu infatti approntato un moderno ospedale di 120 letti in regola con le norme d’igiene dell’epoca e dotato delle ultime innovazioni in ambito medico. Tra di esse, c’era una delle prime apparecchiature radiografiche di Francia (un cosiddetto ‘gabinetto röntgeniano’). Solo qualche anno prima, infatti, il Dott. Antoine Béclère aveva avviato, presso l’Hôpital Tenon di Parigi, il primo laboratorio di radiologia di Francia (1897). L’apparecchiatura radiografica si rivelò di fondamentale ausilio per guidare i chirurghi nell’individuazione di proiettili, schegge di granate e corpi estranei da estrarre dal corpo dei soldati. Le immagini erano generate dall’unico tipo di generatore di raggi X allora in commercio, cioè dal ‘Tubo di Crookes’. I radiogrammi parlano per lo più di proiettili ritenuti, di schegge di granata, di fratture multiple e scomposte, complesse e pluriframmentarie.

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Radiogrammi prodotti presso l’ospedale di Chenonceau durane la Prima Guerra Mondiale.

Foto: Emanuele Chiapponi

L’ospedale di Chenonceau fu amministrato da Simonne Camille Marie Legrand (1881-1972), capo infermiera e moglie di Georges Menier (1880-1933), figlio di Gaston. Simonne lavorò senza sosta, prodigandosi nella cura dei feriti e collaborando attivamente con medici, chirurghi e radiologi. Ancora una volta fu una donna – una dama – a dirigere attivamente il castello, seppure in un contesto così diverso rispetto a quello che la storia aveva fino a quel momento proposto. Nella cornice armoniosa di Chenonceau, i soldati trascorrevano la loro convalescenza fisica, oltre che emotiva. Alcuni si dedicavano al giardinaggio o alla cura del vasto orto, contribuendo a fornire varietà ai menu. Altri pescavano, o godevano del semplice piacere di una passeggiata.

La guerra finì l’11 novembre 1918, e l’ospedale chiuse i battenti il 31 dicembre dello stesso anno. Partiti gli ultimi chirurghi, tutto fu smantellato e riposto. Apparecchiature, materiali, cartelle cliniche, radiografie e album radiografici, tutto finì nei granai del castello e nei ripostigli dell’ultimo piano. Vi erano stati curati 2254 soldati. L’ospedale di Chenonceau fu non solo una scialuppa di salvataggio nel mare dell’assistenza ai feriti e ai malati della Prima Guerra Mondiale, ma anche e soprattutto un modello di solidarietà nazionale e di avanguardia della tecnica medica.

Conclusione

Eccoci giunti al termine di questo bel percorso in due tappe – se per caso Vi foste persi la prima parte, correte a recuperare il numero precedente di Spels Academy! – Ciò che Vi ho raccontato è una parte infinitesimale rispetto alle meraviglie che la Valle della Loira – altrimenti conosciuta come il Giardino di Francia – ha da offrire ai suoi privilegiati ospiti. Ben lungi dall’aspirare a rango di guida turistica, o tantomeno storica, ho semplicemente voluto proporre uno spunto per…mettersi in viaggio!

Un ringraziamento speciale, infine, è per la compagna di viaggio senza la quale nulla avrei organizzato, né organizzerei.

L’esplorazione è seducente.
Lo studente che si affaccia per la prima volta
all’Università è come un romantico che s’appressa
ad un castello meraviglioso.


Papa Paolo VI

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