Autoritratto sul tavolo operatorio,
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Autoritratto sul tavolo operatorio, noto anche come Sul tavolo operatorio

Commenti in cornice

di Efram L. Burk

 

Autoritratto sul tavolo operatorio,

Edvard Munch – olio su tela, 1902-1903109×149 cm, Oslo, Munch-Museet

Immagine del dipinto

L’artista norvegese Edvard Munch è il pittore che più di ogni altro anticipa l’espressionismo e la cui opera è intrisa di importanti contenuti autobiografici. Nasce il 12 dicembre 1863 a Löten, in una fattoria norvegese, in una famiglia afflitta da lutti e sofferenze, che segnarono profondamente la sua vita tanto da scrivere, un giorno, che aveva ereditato due dei più spaventosi nemici dell’umanità il patrimonio della consunzione e la follia’. Inizia a studiare pittura a diciassette anni, sottraendosi agli studi di ingegneria imposti dalla famiglia e frequenta i corsi di scultura sotto la guida di Julius Middelthun. Nella sua pittura troviamo tutti i grandi temi dell’espressionismo, dall’angoscia esistenziale alla crisi dei valori etici e religiosi, dalla solitudine umana all’incombere della morte, dalla incertezza del futuro al meccanismo disumanizzante tipico della società borghese.

Nell’opera Autoritratto sul tavolo operatorio raffigura il proprio vissuto, nella reazione suicida che ebbe per il fallimento della storia di amore con Tulla Larsen, che lo respinse e di fronte alla quale si sparò un colpo di pistola, mancando organi vitali, ma colpendosi di striscio. Nonostante l’incidente non richiese una vera e propria operazione, dovette recarsi in ospedale per farsi curare la ferita, anche se dal dipinto emerge uno scenario completamente diverso. Il suo corpo giace nudo sanguinante su un tavolo operatorio, con un foro all’altezza del cuore, mentre tre medici guardano con rassegnazione la vittima e gli studenti di medicina ne osservano l’agonia attraverso la finestra del teatro. Un’infermiera tiene una ciotola piena di sangue ed una grande macchia, a forma di cuore, si diffonde sul lenzuolo. Questa è una tipica opera di Munch, dove il titolo potrebbe essere assente, in quanto possibile ottenerlo direttamente dallo sguardo attento dello spettatore, che facilmente potrebbe ascoltare il grido proveniente dalla tela: Hai rovinato la mia vita, mi hai strappato il cuore!

L’artista diviene, di fronte alla platea, un martire, l’espressione artistica della dissezione dell’anima, così come aveva realizzato nella sua opera più famosa, L’Urlo, del 1893. Una esplosione di energia psichica di inaudita potenza, che rende la tela una metafora della morte che spazza via, e travolge, il senso della vita. L’opera di Munch è pertanto rivolta all’introspezione dell’anima. Il suo pensiero, complesso e ossessionato, si traduce spesso in un senso di terrore, attraverso colori e combinazioni di segni che possono esteticamente risultare sgradevoli, ma che rappresentano le più sottili pieghe dell’anima. Sebbene visse ottant’anni, non si sposò mai, né ebbe figli, soffrì di depressione e di alcoolismo, motivo per cui fu anche ricoverato in ospedale per nove mesi nel 1908. Morì ad Oslo nel 1944 e la sua opera, spesso criticata in vita, fu universalmente apprezzata, tanto che una delle realizzazioni de L’urlo fu battuta dalla casa d’asta londinese Sotheby’s per la somma di 119,9 milioni di sterline, divenendo uno dei quadri più costosi al mondo. Ma non solo, Munch venne raffigurato sulla banconota da 1000 kroner che è il taglio con il valore più alto della moneta norvegese, ed in occasione del centocinquantesimo anno dalla sua nascita, le Poste Norvegesi gli dedicarono una serie di francobolli commemorativi.

Dal mio corpo in putrefazione cresceranno

dei fiori e io sarò dentro di loro: questa è l’eternità

Edvard Munch

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